Uno sguardo sulle mie letture

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venerdì

Il grande Gatsby, di Francis Scott Fitzgerald


By Francis Scott Fitzgerald: «L’idea di base di Gatsby è l’ingiustizia di un povero giovane che non può sposare una ragazza coi soldi».
Tutto e nulla in questa frase, perché ad una storia semplice e comune é associata...una composizione di parole suonate con rara maestria. Il tratteggio dei personaggi, la descrizione dell’America della Jazz Age, lo svelarsi di un sentimento attraverso frasi spezzate, esclamazioni sguardi e silenzi, la melanconia umana, tutto questo é presente in questa narrazione, e soprattutto é descritto con una prosa succinta, elegante ed energica. Ci sono le feste, quelle grandi, perché in quelle piccole non c’é intimitá, dove «uomini e donne andavano e venivano come falene fra bisbigli e champagne e stelle», dove mille solitudini s’incontrano e non comunicano tra risa e cicalecci, costellate da «frasi di convenienza e di presentazioni subito dimenticate e di incontri entusiastici tra donne che non si conoscevano neanche di nome». Ci sono i protagonisti, disorientati innanzi alla progressiva consapevolezza della pochezza della loro vita. C’é la storia d’amore di Jay Gatsby «immensamente consapevole della gioventù e del mistero che la ricchezza imprigiona e preserva, della freschezza di tanti vestiti, e di Daisy, scintillante come argento, tronfia e sicura, al disopra delle lotte infuocate dei poveri». Ricchezza e bellezza, perché la voce di Daisy era «bassa e conturbante...il tipo di voce che l’orecchio segue in tutte le modulazioni come se ogni parola fosse un raggruppamento di note che non verrá mai ripetuto...un invito modulato, un Ascoltami biascicato, che prometteva per l’ora seguente cose gaie ed interessanti come quelle vissute un minuto prima». Cé Tom Buchanan che in ogni sua discussione pareva sottintendere «non credere che il mio parere sia definitivo in questa faccenda soltanto perché sono piú forte e piú in gamba di te». «Erano gente sbadata, Tom e Daisy: sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro ampia sbadataggine o in ció che comunque li teneva uniti, e lasciavano che altri mettesse a posto il pasticcio che avevano fatto...». E poi c’è Nick Carradine, il vero protagonista del romanzo, che è il modello di tutti i solitari che restano ai margini delle storie, pur essendo gli unici a comprenderle nella loro complessitá. Nick, che dell’amico morto ricorda il «nefando pulviscolo che si trascinava al seguito dei suoi sogni», quel suo pretendere di far rivivere, sulla base di un ricordo, l’amore con una donna di un mondo superiore al suo, e porlo come unico scopo della sua stessa vita.  Povero Gatzby, oscuro avventuriero alla ricerca di un personale posto al sole nel sogno americano, se avesse potuto presenziare al proprio funerale forse si sarebbe svegliato da questa illusione, ma non é sempre facile rinunciare al nostro passato, ed alla sua inconscia rivisitazione,  e «Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato».
 Quando chiudi le pagine del libro stai pensando ancora a Gatzby, in piedi sul prato della sua villa che guarda la baia di Long Island, mentre fissa le dune verdi del giardino di Daisy, la donna che non potrà mai più riavere. Lo pensi come un uomo proteso verso qualcosa di desiderato, immaginato, sognato, ma impossibile da raggiungere; lo pensi così come a volte, più di quanto non vogliamo, pensiamo a noi stessi.
Leggetelo, la sola bellezza della scrittura lo merita.