Uno sguardo sulle mie letture

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venerdì

Il giro del mondo in 80 giorni, di Jules Verne


Phileas Fogg è lo stereotipo del gentleman in puro stile londinese, di figura nobile e bella, alto, slanciato, biondo di capelli e baffi, fronte liscia, colorito pallido, calmo, flemmatico, palpebra immobile, l'esattezza personificata: licenzia il suo servitore perché gli ha portato l’acqua per radersi di due gradi più fredda, intollerabile affronto, ingiustificabile mancanza. E’ ricco, di una ricchezza sconosciuta, tanto che Verne non accenna mai alla provenienza del suo immenso patrimonio.Freddo calcolatore si potrebbe definire un uomo senza brividi. Penare, pensare oltre misura, scoprirsi al mondo alle volte può essere pericoloso, lui decide quindi per una vita piatta fatta di limiti autoimposti. Ma a volte basta una parola e lo spirito ruggisce, e quella parola matura leggendo un articolo di giornale dove si afferma sia possibile fare il giro del mondo in soli 80 giorni.
E’ un romanzo del fine ottocento, in un periodo storico ricco di esplorazioni e conquiste coloniali, dove quello che stupisce è la modernità del messaggio di apertura verso culture diverse e di ricerca del nuovo: in fondo non è il risultato quello che conta, non la meta (ma non per Phileas), ma fondamentale risulta il viaggio e il percorso fatto per arrivare.
Voltata l’ultima pagina rimane un po di rammarico, ne serbavo un ricordo piú bello nella mia memoria, ed a differenza di altre letture (Il GGG, il piccolo principe, Skellig) l’ho trovato meno profondo, meno bello.