Uno sguardo sulle mie letture

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martedì

Il discorso della montagna, di Carlo Maria Martini


Una volta ho avuto la fortuna di incrociare un prete, un Oblato di Maria Immacolata, capace di darmi la più bella ed importante lezione di catechismo mai ricevuta: mi spiegò la parabola del padre misericordioso (erroneamente conosciuta come quella del figliol prodigo). Da allora posso dire di essermi innamorato del Padre, di Dio Padre. Dopo quel racconto mi sono chiesto se ne esistessero altri, capaci di svelarmi l’anima di una parabola, di un discorso, per leggere e comprendere pienamente la Sua parola. E’ con questo spirito che ho iniziato la lettura di questo libro. Purtroppo devo ammettere che a parte alcuni spunti degni di nota, non ho trovato nelle meditazioni del cardinal Martini quella chiave di lettura alternativa e meravigliosa che speravo. Ma non ne faccio un demerito del cardinale, al contrario penso sia dovuto alla magnifica bellezza del discorso stesso, che non necessita di acculturate analisi del testo per essere compreso ed amato. Detto ciò ho comunque il piacere di condividere con voi alcuni dei passaggi più interessanti.
La parte centrale del Discorso della montagna è il Padre Nostro, la cui sostanza è il desiderio ardente che si compia il disegno di Dio su di noi e che il Regno si manifesti. Analizziamo le singole invocazioni
«Padre Nostro» In quel “Nostro” dobbiamo sentirci una cosa sola con tutti i battezzati, i fedeli, i credenti.
«Che sei nei cieli» Esprime infinita distanza e dovremmo quindi pronunciala con il cuore pieno di riverenza .
«Sia santificato il tuo nome» E' la prima esortazione rivolta nella preghiera...ma è il nostro primo desiderio? Siamo capaci di pregare dimenticando noi stessi, il nostro desiderio di successo, la nostra voglia di fare bella figura e di non diminuire nella reputazione delle persone?
«Venga il tuo Regno» Aspiriamo davvero al Regno di Dio nella sua totalità? Non solo pace, benessere, giustizia, ma siamo anche disposti a lasciare tutto e a prendere la croce? 
«Sia fatta la tua volontà» Spesso desideriamo sia fatta la Sua volontà solo  concorda con la nostra. Gesù nell'orto degli ulivi mostra quanto è difficile fare la volontà del Padre! Riuscire a compiere la volontà di Dio è grazia da chiedere insistentemente.
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano» Pronunciando queste parole, in realtà, vogliamo un certo benessere, la macchina, il televisore...il "pane quotidiano" equivale a domandare solo il necessario per vivere e insieme essere contenti senza cercare altro, con quello di spirito di austerità e rinuncia che l'invocazione richiede!
«Rimetti a noi i nostri debiti» In questa invocazione è implicita la Fede che Dio rimette i nostri peccati con piena, gratuita misericordiosa bontà.
«Come noi li rimettiamo ai nostri debitori» Talora ci sembra di non avere nemici. Ma ad un serio esame di coscienza, emergono sentimenti di amarezza, di scontentezza, di astio e di rancore .
«Non ci indurre in tentazione» Spesso non siamo del tutto scontenti che le tentazioni vadano e vengano attorno a noi, giochiamo con esse, senza una seria decisione di vincerle .
«Ma liberaci dal maligno» Troppo spesso il nostro cuore lascia che il maligno ci ronzi attorno, con forme di disfattismo, di tristezza, di nostalgia dei tempi passati. Ricordiamoci come il maligno agisce: egli seduce, rattrista, spaventa, occulta.
Impariamo dal discorso della montagna che non ci si deve preoccupare perché chi si preoccupa più del dovuto disonora il Padre che ha cura di noi. Il “beati i poveri” può essere tradotto come beati coloro che fanno affidamento in Dio, ed è la beatitudine che insieme ai perseguitati per l’osservanza alla legge cristiana (“i perseguitati”) si realizza nel presente perché il Regno è già posseduto da loro.
Ma saranno beati anche coloro che sanno piangere sui mali del mondo e della propria anima.(“gli afflitti”), coloro che non si fanno giustizia da sé, ma sperano in Dio (“i miti”), coloro che si danno da fare per essere santi (“affamati e assetati di giustizia”), coloro che compiono opere concrete di misericordia, coloro che riservano a Dio l’obbedienza di un cuore indiviso (“puri di cuore”) e coloro che mettono, seminano, lavorano per la pace là dove c’è amarezza, divisione, conflitto, maldicenza.
Sono le stesse certezze che è bello ritrovare mirabilmente espresse nel Magnificat: «Dio ha guardato l’umiltà della sua serva» (beati i poveri), «ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore» (guai a voi, o ricchi), «ha innalzato gli umili» (beati i miti, beati i misericordiosi), «ha ricolmato di beni gli affamati» (beati coloro che hanno fame e sete di giustizia).
Vivere il Discorso della montagna richiede che ci si abbandoni completamente al Padre, sicuri che Lui conosce ciò di cui abbiamo bisogno, perdona le nostre mancanze, le nostre negligenze, le nostre inadeguatezze, e continuamente ci attira e ci richiama a sé, se non perdiamo la fiducia e la perseveranza nella preghiera.
Il cardinale conclude le sue meditazioni con una nota di ottimismo: pur a fronte del degrado della Chiesa in Occidente (decadenza delle vocazioni, crisi del matrimonio..) il suo ottimismo risiede nella ricchezza di teologi dell’ultimo secolo. Una nota di ottimismo che non mi convince, almeno per il parametro adottato, può davvero un numero grande di straordinari teologi essere una chiave di lettura ottimistica del secolo appena passato?