Uno sguardo sulle mie letture

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martedì

Chiedi alla polvere, di John Fante


Baldini è innanzittutto uno scrittore per mestiere, scrive perché ha fame e vuole mangiare, perché è solo e vuole donne ricche e profumate. Per scrivere vive la sua vita, la studia e la disciplina come un possibile concept letterario, ogni episodio è un capitolo o un intero racconto. Per sapere quanto di autobiografico c’è in questa “visione” basta leggersi il prologo scritto da Fante e posto dall’editore in coda al racconto.
Poi entra in scena Camilla, la donna sbagliata con cui decide di stare, senza farsi troppe domande, esule disposto a seguirla come un automa, succeda quel che succeda. Ne nasce una storia di amore non ricambiato e follia, senza eroi, irrisolvibile, dolorosa, che ha nella polvere il suo unico testimone. Camilla e Arturo, come due facce della stessa medaglia che gira vorticosamente, si inseguono, ma non riescono mai a raggiungersi. Una storia continuamente in bilico come su una bilancia, che raggiunge la sua massima felicità quando le due vite fluttuano in equilibrio in alcuni rari, ineffabili istanti, come quando Arturo rivolge un sincero complimento alla ragazza, ricevendone in cambio una carezza: "Mi passò le dita fra i capelli e la sua gioia calda mi si trasmise dentro come un fluido; sentii la gola che mi scottava e una profonda felicità insinuarsi in ogni mia fibra". E come su una bilancia quando Arturo toccherà il suo apice come scrittore Camilla sprofonderà negli abissi dell'autodistruzione e della follia, fino a sparire fra le colline, i sassi, il cielo perché “Era quella la sua strada”.
Questo romanzo rapisce per la desolazione che continuamente si affaccia sulle vite dei suoi personaggi, con il deserto che fa da sfondo ideale alle loro esistenze febbrili.
“Il deserto era lì, come un bianco animale paziente, in attesa che gli uomini morissero e le civiltà vacillassero come fiammelle, prima di spegnersi del tutto. Intuii allora il coraggio dell'umanità, e fui contento di farne parte”