Lontani dalla fantascienza asimoviana, quella di fine ottocento entusiasma perché ha in sé un misto d’antico e moderno, due aspetti che si fondono creando un ibrido che piace. Una fervida fantasia che anticipa il mondo venturo, tanto che oggi molti dei luoghi che Verne aveva fantasticato sono ora conosciuti o addirittura turistici!
Non un libro eccezionale, almeno non per un adulto, eppure, dovendo immaginare un fondale marino, il più incredibile e fantasioso, sarei incapace di descriverlo cosí
«alcuni arboscelli pietrificati e contorti erano disposti a zig zag e i pesci si alzavano a frotte sotto i nostri piedi come uccelli sorpresi nell'erba alta. il blocco roccioso era crivellato da anfratti impenetrabili, di profonde grotte, di buche insondabili, al cui fondo sentivo muoversi creature di grosse dimensioni. Provavo una scossa al cuore al vedere qualche enorme antenna sbarrarmi il cammino, o qualche orrenda pinza chiudersi con fracasso nelle buie cavità. Nelle tenebre ardevano migliaia di punti luminosi erano gli occhi di immani crostacei nelle loro tane, gamberi giganti ritti come alabardieri e squassanti le zampe con cigolio di ferraglia. Granchi titanici simili a cannoni a fusto, polpi spaventevoli intreccianti i tentacoli come grovigli di serpenti.Davanti a quale mondo incognito e fuori del normale mi trovavo… di quale ordine facevano parte quegli articolati, dei quali la roccia era un secondo guscio protettivo, dove aveva trovato la natura della loro vita vegetativa, e da quanti secoli trascorrevano l'esistenza sul fondo dell'oceano»