Uno sguardo sulle mie letture

Uno sguardo sulle mie letture

giovedì

Se questo è un uomo, di Primo Levi


Non rileggevo da tempo questo libro, probabilmente da più di 10 anni. Già allora, mi aveva fortemente colpito.  L'ho ripreso in mano e finito due settimane fa, anche se non lo si può definire una lettura da ombrellone, ma era il periodo in cui potevo tenere più a lungo gli occhi su un libro, senza continue interruzioni. Ritengo infatti che questo volume mal si presti ad una lettura a singhiozzo. Andrebbe forse letto tutto d'un fiato, prendendosi un giorno libero per farlo. Credo che sarebbe una giornata spesa bene!
Mi ci é voluto tempo per sedermi e provare a descrivere il dramma umano quivi raccontato, perché é talmente orribile, da percepire l’impossibilitá di comprenderlo appieno. Attraverso un linguaggio pacato, sobrio e assolutamente moderno ci si rende conto che chi non ha provato questa esperienza sulla propria pelle si può fermare ad una intuizione, allo sdegno, alla commiserazione, ma il sapere è un’altra cosa, inesplicabile. L'asciuttezza deliberata e scarna della cronaca potrebbe non coinvolgere ad una prima lettura...ma é veramente possibile rimanere impassibili di fronte alla negazione  della pietà, dell'amicizia, della dignitá, della religione, degli ideali, del futuro, rimanendo soli con il dramma nella sua crudeltà? Ogni capitolo, ogni pagina, ogni riga od ogni parola è una coltellata alla dignitá che si deve ad ogni uomo. E sorprende il fatto che nonostante tutto il dolore non si trovino nel testo parole di puro disprezzo o di astio nei confronti dei nazisti. Questo fu giustificato dall'autore stesso come un modo grazie al quale ognuno si può creare un proprio parere avendo a disposizione l'oggettività dei fatti presentati da un testimone razionale. Non ho un parere, il mio é piú un appello: Solo e unicamente far in modo che non esistano più orrori simili:
«Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro il nome, qualcosa di noi, di noi quali eravamo, rimanga»
«Oggi, ai nostri giorni, l’inferno deve essere così, una camera grande e vuota, e noi stanchi di stare in piedi, e c’è un rubinetto che gocciola e l’acqua non si può bere, e noi aspetteremo qualcosa di certamente terribile e non succede niente e continua a non succedere niente.»
«Tale sarà la nostra vita. Ogni giorno, secondo il ritmo prestabilito, uscire e rientrare; lavorare, dormire e mangiare; ammalarsi, guarire, morire.»
Come si si é potuti arrivare a tanto? Probabilmente poco alla volta! Prima ti spiegano che é diverso, poi che é cattivo, infine che non é niente. Da’ltronde un tempo ci insegnavano ad odiare il lontano diverso (il comunista russo, che dissacra la nostra religione e mangia i bambini), poi lo straniero che si é avvicinato (ti vuol prendere il lavoro, vuole violentare le nostre donne, rubare nelle nostre case), poi diventa l’altro italiano (vive delle tue tasse, nell’agiatezza e senza lavorare), e cosí passo per passo arriviamo ad odiare il collega, il vicino, l’amico. A mano a mano che il nostro cuore diventa piú piccolo si restringe la cerchia del NOI a favore di quella degli ALTRI.  
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.