
“C’è solo questo come consolazione: un’ora qui o lì, quando le nostre vite sembrano, contro ogni probabilità e aspettativa, aprirsi completamente e darci tutto quello che abbiamo immaginato, anche se tutti tranne i bambini (e forse anche loro) sanno che queste ore saranno inevitabilmente seguite da altre molto più cupe e difficili”
“viviamo le nostre vite, facciamo qualunque cosa, e poi dormiamo – è così semplice e ordinario. Pochi saltano dalle finestre o si annegano o prendono pillole; più persone, muoiono per un incidente; e la maggior parte di noi, la grande maggioranza, muoiono divorata lentamente da qualche malattia o, se è molto fortunata, dal tempo stesso”
“viviamo le nostre vite, facciamo qualunque cosa, e poi dormiamo – è così semplice e ordinario. Pochi saltano dalle finestre o si annegano o prendono pillole; più persone, muoiono per un incidente; e la maggior parte di noi, la grande maggioranza, muoiono divorata lentamente da qualche malattia o, se è molto fortunata, dal tempo stesso”
Tre donne che si muovono in bilico tra la vita e la morte, ipnotizzate, ammaliate, intimorite ma mai terrorizzate dai due estremi
“Pensa a quanto più spazio occupi un essere in vita che in morte, a quanta dimensione illusoria sia contenuta nei gesti, nel movimento, nel respiro. Morti, ci riveliamo nelle nostre vere dimensioni, e sono dimensioni sorprendentemente modeste”.
Non a caso il libro si apre con l’asciutto, straziante racconto del suicidio di Virginia, le tasche piene di pietre, terrorizzata dalla guerra, terrorizzata dalla propria malattia, terrorizzata dalla possibilità di non essere nulla, non una scrittrice ma “solo una stravagante dotata”.
Il bignamino, amo la Vita, la morte non mi spaventa, il dolore si.
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