Uno sguardo sulle mie letture

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lunedì

Il lamento del prepuzio, Di Shalom Auslander



«Quand'ero bambino i miei genitori e i miei insegnanti mi raccontavano di un uomo che era molto forte. Mi dicevano che era capace di distruggere il mondo intero. Mi dicevano che era capace di sollevare le montagne. Mi dicevano che era capace di dividere le acque del mare. Era importante che tenessimo quell'uomo di buon umore. Quando obbedivamo ai suoi comandamenti, gli eravamo simpatici. Gli eravamo così simpatici che uccideva chiunque non ci amasse. Ma quando non obbedivamo ai suoi comandamenti, non gli eravamo simpatici. Ci odiava. Certi giorni ci odiava tanto da ucciderci; altri giorni lasciava che ci uccidessero altri. Noi chiamiamo questi giorni "giorni di festa". Purim è quando cercarono di ucciderci i persiani. Pesach è quando cercarono di ucciderci gli egiziani. Chanukah è quando cercarono di ucciderci i greci».
Questo è il Dio insegnato a Auslander, un Dio cinico e vendicativo, cattivo e della propria cattiveria quasi fiero, un Dio che «da lassù … si sporge oltre l’orlo della sedia per guardare giù, gomiti sulle ginocchia, telecomando in mano, il pollice appoggiato leggermente su UCCIDERE».
Shalom ripercorre la sua vita “teologicamente abusata” all’interno della creazione, “un progetto concepito nel narcisismo e nella dominazione”. L'infanzia nel quartiere ebraico ortodosso di New York, il rapporto con la madre che crede che «guidare l'automobile di Shabbat è finire il lavoro che Hitler ha cominciato», una mamma «rimasta vittima di un “errore cosmico” all’atto dell’acquisto, ed ha passato tutti gli anni da quando ho osato diventare me stesso a cercare lo scontrino. “Questo” dice mentre si cerca nelle tasche e fruga ne cappotto “non è quello che ho comprato”». Una pubertà che fa affrontare a Shalom le prime comuni pulsioni sessuali in maniera decisamente….poco comune, perché se in ogni eiaculazione muoiono cinquanta milioni di spermatozoi, a lui insegnano che ogni volta che si masturba è responsabile di…«fanno circa nove olocausti, il che mi rendeva colpevole di genocidio dalle tre alle quattro volte al giorno». Con certe premesse non poteva fuggire al destino di una perdizione adolescenziale fatta di orge di cibo non kosher, giornali pornografici e spinelli.
«Quando cominciai la terza superiore, sentii che c’era qualcosa che non andava. Mi sentivo come il cavallo sullo stemma della Ralph Lauren: non sapevo bene se l’uomo con la mazza minacciosa che portavo in groppa fosse Dio, la famiglia, la comunità o tutti e tre assieme, ma sapevo che se fossi riuscito a disarcionare quel figlio di puttana sarei potuto scappare via per sempre.»
La scuola talmudica (impossibile non ridere quando racconta della gara di benedizioni), il rapporto con gli insegnanti «A volte mi chiedo se lui, il rabbino - e anche io - non soffriamo di una forma metafisica della sindrome di Stoccolma. Tenuti prigionieri da Costui per migliaia di anni, ora Lo lodiamo, Lo difendiamo, Lo scusiamo, qualche volta uccidiamo per Lui, un esercito di teenager in deliquio che giurano fedeltà al loro Charles Manson celeste». L'adolescenza passata a sfidare Dio e i precetti religiosi che la famiglia e i rabbini gli hanno inculcato salvo poi pentirsi e maldestramente cercare di porre rimedio alle trasgressioni, per paura della vendetta divina: «l'appetito di Dio nel mettermi alla prova era insaziabile almeno quanto la mia brama di fallire, ed i suoi piani erano spesso di una complessità sbalorditiva».
Con Dio parla ogni giorno, costruisce le sue azioni pensando a come Dio potrebbe reagire, di cosa potrebbe fare a lui e alla sua famiglia, con la ferma convinzione che Dio, a volte, sia proprio uno stronzo: «È lunedì mattina, sei settimane dopo che io e mia moglie abbiamo saputo che lei è incinta del nostro primo figlio, e io sono fermo a un semaforo. Il piccolo non ha alcuna probabilità di farcela. È un trucco. Io questo Dio lo conosco, lo so come funziona. Mia moglie abortirà, oppure il bambino morirà durante il parto, oppure mia moglie morirà durante il parto, oppure moriranno tutti e due durante il parto, oppure nessuno dei due morirà e io penserò di averla scampata, e poi mentre li riporterò a casa in macchina dall’ospedale avremo uno scontro frontale con un automobilista ubriaco, e moriranno tutti e due, mia moglie e mio figlio, al pronto soccorso proprio di fronte alla stanza dove ci trovavamo solo pochi minuti prima, felici, vivi e pieni di speranze. Sarebbe proprio da Lui.».
No, Auslander non è proprio Abramo, piuttosto si sente come Isacco «il figlio che non si era mai ripreso: il pensoso progenitore, che un popolo di fedeli preferì dimenticare, da grande divento un uomo che parlava di rado, reso passivo dal trauma subito, facile al vittimismo, un uomo inerte che non sembrava aver mai superato l’ammirevole gesto di sacrificio-a-spese-d'altri del suo stimato padre. E ora eccomi qua, sacrificato al suo stesso altare, allo stesso Dio, solo che questa volta non c'era nessun montone tra i cespugli».
L’ironia e l’allegria dura fino alla fine perché malgrado Shalom Auslander non sia più osservante, egli è rimasto rimasto “penosamente, straziatamente, incurabilmente, miserabilmente religioso”, il che alla luce di quanto ha raccontato significa che vive nel terrore che Dio si vendichi di questo suo imperdonabile libro e così nella pagina finale che di solito gli autori dedicano ai ringraziamenti.scrive:
«Quindi ti prego, Dio non uccidere mia moglie a causa di questo libro. Non uccidere mio figlio e non uccidere i miei cani. Se devi per forza uccidere qualcuno, uccidi Geoff Kloske alla Riverhead Books (il suo editore ndr). .... ma non uccidere me. E non uccidere Orly. E non uccidere nostro figlio. Dopotutto è solo un libro! ».

Una storia piacevole e divertente, trasgressiva ed accorata; a tratti si insinua il dubbio che, in fondo, siamo tutti un pò Shalom Auslander, che per quanta fede possiamo avere, indipendentemente dal credo e cultura, ci sono sempre dei momenti della nostra vita in cui Dio sembra averci preso di mira, sembra concederci grandi gioie per il gusto di lasciarci impreparati e deboli di fronte alla disgrazia che capita immancabilmente dopo.
Se il dialogo diretto con Dio è da sempre visto come una comunione spirituale altissima, non si può certo additare questo romanzo di blasfemia, in quanto parla con Dio con molta più sincerità e molta meno ipocrisia della maggior parte delle persone che si ritengono credenti o religiose. Sbagliato è anche affermare che sia un libro contro la religione ebraica, un'ode all'agnosticismo, al contrario è un libro contro chi insegna ogni religione come terrorizzante e abusiva, un libro quindi contro ogni fanatismo, che sfrutta alla perfezione le armi dell’irriverenza e del divertimento.

PS Passerò questo dicembre fra la città più santa e quella meno santa di Israele, se il vostro sito Virtual-Jerusalem si bloccasse non facendosi più carico di infilare nelle fessure del Muro del tempio delle preghiere inviate via e-mail, mi offro volontario, ma evitate di scrivere missive come queste «Caro Dio, per favore non uccidere mio figlio durante il parto: E neanche mia moglie. Forse sei incazzato con me, ma io pure sono incazzato con te, quindi vediamocela tra di noi. Grazie.»

Il Bignamino: le fotografie non rappresentano il reale contenuto.

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