Uno sguardo sulle mie letture

Uno sguardo sulle mie letture

giovedì

Delitto e castigo Di Fedor M. Dostoevskij


La libertà illimitata dell’uomo ed il bene dell’umanità possono legittimare ogni azione, anche l’omicidio? Si può trasformare qualsiasi uomo in uno strumento di una grande idea?
La storia di Raskolnikov sembrerebbe negare quest’ipotesi, nulla di «grande», di «straordinario» e di «universale» scaturisce dall’omicidio che ha commesso; la sua “affermazione” invece di manifestarsi nella realizzazione di un nuovo Napoleone, si tramuta in un’offesa alla vita che travolge la sua stessa esistenza, trasformandolo in un novello Oreste perseguitato dalle Erinni. E cosi il libero arbitrio che non salvaguarda nulla, per cui tutto può essere profanato diventando semplice sperimentazione della propria volontà, si dissipa tragicamente. Nel suo alter ego,  Svidrigajlov, la ribellione diventa indifferenza, l’orgoglio titanico una voluttà abbietta, il tormento per la propria caduta si trasforma in ebbrezza per la propria denigrazione. Ma in entrambi la libertà illimitata e arbitraria non sopporta se stessa, consegnandosi alla legge (Raskolnikov), o dissolvendosi  in uno stato di noia e di indifferenza autodistruttiva (Svidrigajlov). L’unica figura salvifica rimane quella di Sonja; Lei è cosciente del proprio peccato e perdona il peccato altrui, accoglie nel proprio dolore quello dell’altro, attraverso il proprio amore riconsegna a Raskolnikov  quella salvezza che sembrava irrimediabilmente perduta.
Insomma, dimenticate la faccia antipatica del vostro vecchio professore di lettere e quella di chi vi ha detto che i classici russi sono mattoni e leggendolo troverete un romanzo che è attento studio psicologico, intrigo poliziesco , apologo sulla redenzione d'un assassino, ma anche storia di dicotomie,  la vittima da sacrificare (Alena) accanto a quella innocente (Lizaveta), la madre che non si da mai per vinta (Katerina) accanto a quella docile ed arrendevole(Pul'cherija),  e le "due figlie" Sonja e Dunja, cosi diverse eppure cosi affini.  Vi rimarranno impressi i personaggi così diversi e veri, i diversi stili in cui amano esprimersi, prettamente giuridico quello di Luin, magniloquente quello di Marmeladov,  spigliato e sincero quello di Razumichin, calcolato e maieutico-socratico quello di Porfirij Petrovic, ed infine quella  "febbre”, come ultima forma di difesa del nostro corpo ad una realtà detestabile.