
10/10: (lasciate anche voi il vostro voto)
Forse non ci sono giorni della nostra adolescenza vissuti con altrettanta pienezza di quelli che abbiamo creduto di trascorrere senza averli vissuti, quelli passati in compagnia del libro prediletto.
Demoni o angeli o spiriti del male, ho solo bisogno che qualcosa si mostri. Vampiri o fantasmi o bestie dalle gambe lunghe, voglio solo che mi si prenda per mano
Michel, nato da un’adolescente sbandata, probabilmente ritardata, frutto di unoLeavitt ne sintetizza lui stesso poco più avanti nel racconto la morale:
stupro. Fino all’età di quasi due anni aveva vissuto con sua madre in un
casamento popolare vicino ad un cantiere edilizio. Ogni giorno la madre vagava
dentro, intorno e fuori dall’appartamento, persa nella sua follia. Si accorgeva
appena della presenza del bambino, non sapeva nemmeno come nutrirlo e come
occuparsi di lui. I vicini erano allarmati per le grida di Michel…Poi un bel
giorno, quasi improvvisamente, i pianti si interruppero. Il bambino non gridava
più, e non gridò neanche la notte seguente. Per giorni non si sentì neanche un
rumore. Vennero chiamati la polizia e gli assistenti sociali. Trovarono il
bambino sdraiato sul suo lettino accanto alla finestra. Era vivo e
straordinariamente in buona salute, considerando quanto era stato trascurato. In
silenzio, giocava nel suo squallido lettino, fermandosi ogni qualche secondo per
guardare fuori della finestra. Il suo gioco era diverso da qualsiasi altro gioco
che avessero mai visto. Guardando fuori dalla finestra, sollevava le braccia,
poi le bloccava bruscamente, si rizzava in piedi sulle gambe scarne, poi cadeva;
si piegava e si alzava. Faceva strani rumori, una specie di scricchiolio con la
gola. Cosa stava facendo? Si chiesero gli assistenti sociali….Poi guardarono
fuori della finestra, dove erano in funzioni alcune gru, che sollevavano travi
maestre e travetti, o allungavano palle di demolizione sul loro unico braccio.
Il bambino stava osservando la gru più vicina alla finestra. Quando questa si
sollevava, lui si sollevava; quando si piegava, lui si piegava; quando le sue
marce stridevano e il motore ronzava, il bambino produceva uno stridio con i
denti, un ronzio con la lingua.
ciascuno, a modo suo, trova ciò che deve amare, e lo ama; la finestra diventa
uno specchio; qualunque sia la cosa che amiamo, è quello che noi siamo.
Quando Leonardo concepì questo dipinto, Leonardo da Vinci si trovò alle prese
con una grande difficoltà: aveva bisogno di dipingere il Bene, nell'immagine di
Gesù, e il Male, nella figura di Giuda, il discepolo che scelse di tradirlo
durante la cena. Dovette interrompere il lavoro a metà, fino a quando non fosse
riuscito a trovare i modelli ideali. "Un giorno, mentre ascoltava un coro, in
uno dei ragazzi vide l'immagine perfetta di Cristo. Lo invitò nel suo studio e
ne riprodusse i lineamenti in vari studi e bozzetti. "Passarono tre anni. Il
dipinto era quasi terminato, ma Leonardo non aveva ancora trovato il modello per
Giuda. Il cardinale- il responsabile della chiesa- lo sollecitò, pretendendo che
terminasse entro breve la sua opera. "Dopo alcuni giorni di ricerche, il pittore
incontrò un giovane prematuramente invecchiato, lacero, ubriaco, che giaceva
riverso in un fosso. Con difficoltà, chiese ai suoi assistenti di condurlo in
chiesa, giacché non aveva più tempo di fare alcun bozzetto. "Il mendicante fu
trasportato fino alla chiesa. Non capiva cosa gli stesse succedendo: gli
assistenti lo tenevano in piedi, mentre Leonardo copiava i lineamenti
dell'empietà, del peccato, dell'egoismo, che apparivano ben marcati su quel
viso. "Quando il lavoro fu ultimato, il mendicante - ormai ripresosi dalla
sbronza- aprì gli occhi e notò il dipinto davanti a sé. E, con un misto di
sgomento e tristezza, disse: "'Ho già visto questo dipinto! "'Quando?" domandò
Leonardo, sorpreso. "'Tre anni fa, prima che perdessi tutto ciò che possedevo.
In quel periodo, cantavo in un coro, e la mia vita era piena di sogni... Un
artista mi invitò a posare come modello per il viso di Gesù.
Il Bene e il Male hanno la stessa faccia. Tutto dipende dal
momento in cui attraversano il cammino di ogni essere umano
una realtà che è, in fin dei conti, solo una coincidenza momentanea su un globo
enorme, brulicante di possibilità che non si realizzeranno mai. Ognuna di loro
potrebbe raccontarci una storia completamente diversa di noi, interpretarci in
modo differente
due persone che si amano pigiate nel barattolo del matrimonio, dove ogni mio
respiro le sottrae qualcosa. Inconsapevolmente, si tiene una contabilità
meschina con la persona che si ama di più. Alla fine tutto diventa calcolo,
bilancio….non solo ci si rinfaccia chi guadagna e chi lavora di più, in casa o
fuori, e chi prende più spesso l’iniziativa a letto. Anche i cromosomi finiti
nella cassa comune vengono in qualche modo conteggiati: a chi il bambino
somiglia di più, e chi invecchia prima mentre l’altro perde il passo.
verrà svelata, a poco a poco, l’essenza particolare che può crearsi tra te e me,
ma mai tra altre due persone
cadere esattamente dove era attesa da anni
semplice ed essenziale, sintetica ed inconfutabile come una formula
matematica, o un’aria di Mozart. Un assioma che parli di me e di te e delle cose
che la nostalgia rende fragili, vibranti e dolorose.
Che cos'è la realtà?”
"Ciò che la maggioranza ha ritenuto che dovrebbe
essere. Non necessariamente la situazione migliore, né la più logica, ma quella
che si è adattata al desiderio collettivo. Vedi che cos'ho intorno al collo?"
"Una cravatta."
"Giusto. La tua risposta è logica, coerente per una
persona assolutamente normale: una cravatta! Un matto, però, direbbe che porto
intorno al collo un pezzo di stoffa colorata, ridicolo, inutile, annodato in
maniera complicata, che rende difficili i movimenti della testa e richiede uno
sforzo maggiore per far entrare l'aria nei polmoni. Se dovessi distrarmi mentre
mi trovo vicino a un ventilatore, potrei morire strangolato da questo pezzo di
stoffa.
"Se un matto mi domandasse a che cosa serve una cravatta, dovrei
rispondere: "Assolutamente a niente." Non può dirsi utile neanche per
abbellirsi, perché oggigiorno è divenuta addirittura il simbolo della schiavitù,
del potere, del distacco. La sua unica utilità si manifesta al ritorno a casa,
quando una persona può togliersela, provando la sensazione di essersi liberata
da qualcosa che non sa neanche che cosa sia. "Ma quella sensazione di sollievo
giustifica l'esistenza della cravatta? No. Eppure, se domandassi a un matto e a
una persona normale che cos'è il nastro che porto intorno al collo, sarebbe
considerato sano colui che mi rispondesse: "Una cravatta." Non importa chi è nel
giusto: importa chi ha ragione."