Uno sguardo sulle mie letture

Uno sguardo sulle mie letture

mercoledì

Odissea, di Clive Cussler

Avrebbe dovuto regalarmi ore ed ore di puro intrattenimento e suspense, con un sapiente viaggiare tra mare, archeologia, tecnologia, la prospettiva di una nuova era….ma nulla, o poco piú. Ammetto che é scritto egregiamente ma la trama risulta poco plausibile in piú occasioni. Un libro discreto, adagiato sullo schema agenti superspeciali, un po invecchiati dagli anni, contro misterioso cattivo e multinazionale di turno (sullo stile Spectre). Buono lo spunto storico (incuriosiscono le ipotesi sulla Guerra di Troia), ma non sufficente ad alimentare la suspense fino all’ultima pagina, almeno non la mia.
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giovedì

Una posizione scomoda, di Francesco Muzzopappa


Fabio Loiero è un giovane sceneggiatore, diplomato nel Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, che sognava grandi film, grandi studi, grandi registi, grandi attori, il red carpet del Festival di Cannes. Lui è un patito dei veri capolavori, uno di quelli che evita il cinema perché davanti ad un cult bisogna osservare il piu religioso silenzio e rispetto. Agli occhi dei suoi insegnati, il ragazzo è una promessa del cinema italiano, con tanto di elogi da parte dei critici più severi e brillanti. Nulla dovrebbe ostacolarlo dal coronare il suo sogno di poter portare nelle sale italiane la sceneggiatura a cui ha dedicato la gran parte della sua vita, “Il Cielo di Piombo”. Eppure la vita è strana, spesso beffarda. Fabio si ritrova ad adattarsi ad un impiego che lo aiuti a vivere, come ormai succede a chi ha conseguito anni di studio matto e disperatissimo per raggiungere il tanto agognato “lavoro dei propri sogni”, una vera e propria utopia della società moderna. Il problema é che questo lavoro é piuttosto particolare, presso la casa di produzione Starlette, la cui pagina su Youporn è tra le più cliccate. Sì, Fabio scrive per il porno. Contratto a tempo indeterminato e un bonus di 500 euro al mese se supera le venti sceneggiature al mese. ‘L’importanza di chiavarsi Ernesto’ gli frutta addirittura una nomination per la migliore sceneggiatura ad una specie di Festival di Cannes per il porno. Il premio è una nerchia d’oro.
Un libro davvero scorrevole, vivo e godibile, che con la sua scrittura giocosa e molto ironica sa esprimere il disagio di un uomo che fa un lavoro che non gli piace, uno di quei lavori che pagano l’affitto, le bollette, le pizze surgelate; un libro dove l'ilarità deriva dall'ironia della vita stessa.
Se leggerete questo libro saranno innumerevoli gli spunti per una risata, dalla riscrittura in versione hard dei migliori lungometraggi di tutti i tempi (Analcord, Erezioni di Piano, Intervista col pompino, Il glande freddo, Le seghe di Eastwick, I ragazzi del culetto ma anche Hello Sperm e La caricano in 101), alle ricette vegane della mamma, alle conversazioni con “smadonna”, alle manifestazioni di affetto del suo manager Romina. Un po deludente la fine, ma per farsi due risate in leggerezza è un testo da consigliare.
Meritano una menzione a parte gli scrittori (e non) citati fra i ringraziamenti “P.G. Wodehouse, David Sedaris, Christopher Moore, Shalom Auslander, Etgar Keret, Niccoló Ammaniti, Jonathan Swift, Lawrence Sterne…Tina Fey” la stima che ripongo nei molti citati che conosco mi spinge a leggere i pochi menzionati ancora non letti…   
La citazione:
“In famiglia non ne sanno nulla. Se solo intuissero qualcosa, mia mamma si stabilirebbe in una chiesa con la tenda da campeggio per una maratona ininterrotta di rosari. Mio padre, invece, prenderebbe di corsa il tomo delle Pagine Gialle per cercare il numero di Milingo sotto la ‘E’ di Esorcisti”

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martedì

Il seggio vacante By J.K. Rowling


Barry Fairbrother, consigliere comunale e allenatore della squadra di canottaggio femminile della scuola superiore, muore improvvisamente, lasciando un “seggio vacante” in seno al consiglio comunale. Molti, davanti alla potenziale realizzazione del desiderio di occupare quel seggio, daranno sfogo ai loro sentimenti più viscerali, più autentici. La Rowling non è buonista, non è didascalica, non è retorica, non spiega ma racconta, dipinge una quotidianità  piccola, meschina, sincera, vigliacca, timorosa, fiduciosa, dolorosa, ironica, rabbiosa, delusa, emotiva, violenta, impaurita, vincente ma giá condannata; dipinge una quotidianità che ci appartiene come il dolore e la gioia, il mattino e la sera. Ogni personaggio é inquadrato da più angolature, allontanandosi dalle figure bidimensionali del "buono" o "cattivo", persone reali, le cui scelte saranno determinate dalla loro personalissima storia pregressa sempre magistralmente descritta.
 Stiamo guardando i nostri padri, le nostre madri, i nostri fratelli e sorelle, i nostri amici, i nostri vicini, noi stessi? Ci vediamo così come ci vedrebbe la gente se non avessimo una maschera di serenità e compostezza? Si ha la sensazione che la Rowling abbia spiato in fondo all’anima dell’attuale societá, parlando di cose che spesso neghiamo anche a noi stessi, d’altronde lei e’ sempre riuscita a farmi sentire parte del mondo che racconta. In questo libro parla di persone che tutti possiamo aver incontrato, una madre che diventa anche figlia, una figlia che ambisce ad essere madre, i forti che vengono sbugiardati dalle loro debolezze, i deboli che parlano con piú autorevolezza di quanto ci potremmo aspettare. Tutto è collegato in questo libro, tutto è legame, un intricato ma evidentissimo legame di prospettive tridimensionali; siamo un domino e nessuno di noi è immune dalla responsabilità di ciò che succede agli altri, questo a Pagford come in tutto il resto del mondo, in qualunque tempo. Un legame che forma, volenti o nolenti, una comunità di persone, ed é attraverso questo legame che ogni cosa viene sviscerata, l'ipocrisia e la sincerità, l'onestà degli intenti e l'opportunismo pragmatico, la lealtà ed il tradimento, il decoro (finto) e il degrado (vero) e, in tutto questo continuo divenire, l'inevitabile cambiamento che si abbatte su un sistema, qualunque esso sia, quando gli equilibri vengono scossi. Molte cose hanno suscitato in me degli interrogativi, ma uno piú degli altri ancora affolla i miei pensieri una volta chiuso questo libro: i figli. I figli di oggi, di questa società, i figli italiani o stranieri, benestanti o emarginati, coccolati, viziati o seviziati… a che spettacolo oggi stanno assistendo? Cosa si porteranno dietro di questi anni? Con quali occhi ci guarderanno? Con quali parole o gesti cercheranno, disperatamente, di parlarci?

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La citazione:
Lo sbaglio che faceva il novantanove per cento dell’umanità, secondo Ciccio, era quello di vergognarsi di se stessi: mentire su come si è, cercare di essere qualcun altro. La sincerità era il punto di forza di Ciccio, la sua arma, la sua forma di difesa. Le persone sincere spaventavano, scandalizzavano. Gli altri, aveva scoperto Ciccio, affondavano nell’imbarazzo e nella simulazione, atterriti al pensiero che la loro verità potesse trapelare; Ciccio era invece attratto dalla schiettezza, da qualunque cosa, anche brutta, fosse autentica, dalle cose sporche che in quelli come suo padre suscitavano umiliazione e disgusto.