Uno sguardo sulle mie letture

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lunedì

La regina dei castelli di carta, di Stieg Larsson


Se si è iniziato il terzo (ed ultimo) romanzo della trilogia Millenium, vuol dire che lo si leggerà con la testa ed il cuore rivolti alla giovane hacker  Lisbeth Salander. L’avevamo lasciata immobilizzata in un letto d'ospedale con una pallottola in testa. Come sempre è una minaccia, stavolta per i potenti organismi segreti che rischiano di crollare come castelli di carta. Deve sparire, meglio se rinchiusa in un manicomio, la cospirazione di cui si trova suo malgrado al centro, iniziata quando aveva solo dodici anni, deve terminare adesso, con o senza la sua vita. E poco importa che la trama sia costellata di storielle parallele di dubbio interesse, che vi siano personaggi extra che appaiono e scompaiono in qualche capitolo, che continui l'irritante attività sessuale di Blomkvist alla cui porta bussano in continuazione donne che desiderano farsi sollazzare senza impegno da lui (che la mia sia solo invidia?); poco importa l’interesse nullo per le impronunciabili strade di Stoccolma o per la storia politica svedese perchè i nostri personaggi, fortunatamente, continuano ad essere loro, a non deludere e ad appassionare, si riaffermano in tutte le loro caratteristiche: il disumano Zalachenko ed il suo inquietante figlio, l’inarrestabile giornalista Mikael e sua sorella Annika Giannini che accetta la difesa legale di Lisbeth, oltre all'eterna amante Erika Berger…e Lei, l’Unica, la versione cyber-punk di Pippi Calzelunghe (Larsson era un fan di Astrid Lindgren), Lisbeth.
Sembra che Larsson sul divano bianco dell'appartamento di Stoccolma era solito rivolgere a Eva Gabrielsson, la sua compagna di oltre trent'anni, i suoi  «Non indovinerai mai che cosa ha appena fatto Lisbeth Salander». Perche’ alla fine della trilogia ci si è ormai affezionati a lei, forse innamorati, ed allora poco importano i diversi, presunti, difetti, la domanda che ci si pone e’ sempre la stessa, quella dell’autore, di cosa sarà mai capace stavolta Lisbeth Salander?
    Forse è vero che Lisbeth è un’icona di ciò che molte ventenni vorrebbero essere, e di come molte 45enni oggi vorrebbero essere state. E’ ribelle e intelligente, anticonformista in senso stretto, una che ama vivere al suo personalissimo modo e secondo le sue regole con una forte allergia per qualsiasi tipo di autorità. E’ sociopatica, cinica, dura e soffre di una sindrome con una vaga componente autistica.
Un personaggio commovente ed intenso, che si ha l’impressione abbia preso vita e spazio, pian piano, fino a che Larsson, intelligentemente, non si è limitato solo a gestirlo, approfittando di un profilo psicologico inquietante ma pieno di fascino, ma ne ha fatto il perno attorno a cui ruota l’intera trilogia. E alla fine questo terzo volume non solo è godibile quanto gli altri ma per una volta chiude degnamente una trilogia. E se così non fosse, poco importa perchè alla fine, ciò che rimane davvero è l’immagine unica ed indimenticabile di lei, di Lisbeth, una donna che odia gli uomini che odiano le donne.

The End? Forse, ormai spero nel quinto volume, contenuto nel pc di Stieg e custodito da Eva Gabrielsson, e spero che dall’aldilà’ Stieg detti a qualche medium anche il quarto manoscritto, in cui farebbe la sua comparsa la sorella gemella di Lisbeth Salander. La speranza è come Lisbeth, l’ultima a morire.

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