Uno sguardo sulle mie letture

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giovedì

Fahrenheit 451, di Ray Bradbury


Scritto negli anni 50 da Ray Bradbury è uno di quei libri che insieme a 1984 di George Orwell e Brave New World di Aldous Huxley (ancora non letto... ma rimedieró presto) forma un piccolo sottogenere del romanzo definibile come dystopia, ovvero la descrizione di una società indesiderabile in opposizione all’utopia. Tutti e tre gli autori partendo dalle esperienze passate dei regimi totalitari hanno cercato di immaginare come la società si sarebbe potuta evolvere, intuendo il ruolo crescente e dominante della tecnologia nella vita dell'uomo e l’abuso che i governi potrebbero farne ai fini del controllo sull'individuo. I libri vengono bruciati (Fahrenheit 451 è la temperatura alla quale brucia la carta) perché un popolo che pensa non fa comodo ad uno stato di regime, senza i libri diventiamo una massa incolta di ignoranti facilmente manovrabili dai potenti. In questo scenario emerge un protagonista che odora di cherosene, che ha il simbolo d’una salamandra sul braccio e un disco con una fenice sul petto, indossa un elmetto nero, una giubba ignifuga e prova gioia nell’appiccare il fuoco alla conoscenza proibita.
Ma la condanna palese del libro (almeno nelle intenzioni dello scrittore, come precisato in alcune interviste) non é per la censura governativa, ma per la superficialità della televisione; ed é qui la vera preveggenza di Bradbury, capire che la televisione distruggerá l'interesse nella lettura, lui stesso dirá: “La televisione ti dice quando ha vissuto Napoleone, ma non chi era…In televisione  ti riempiono con un sacco di roba priva di vera informazione, finchè non ti senti pieno”.
Leggete questo libro allora in nome dei libri d'ogni genere, patrimoni da preservare nel tempo e da proteggere non (o non solo) contro la violenza repressiva del potere, atta a manipolarli, demonizzarli,bruciarli,  ma difenderli dall’oblio e dal disinteresse in cui NOI li gettiamo preferendogli quella televisione priva di creatività, originalità, dove tutto è omogeneo, immergendoci comodamente in un ovattato stato di apatia. «I libri erano soltanto una specie di veicolo, di ricettacolo in cui riponevamo tutte le cose che temevamo di poter dimenticare. Non c’è nulla di magico, nei libri; la magia sta solo in ciò che essi dicono, nel modo in cui hanno cucito le pezze dell’Universo per mettere insieme così un mantello di cui rivestirci»
Se ci abbandoniamo alla televisione, quella becera fatta da veline e reality, come elemento ossessivo di comunicazione allora una società dove i cittadini rispettosi della legge devono utilizzarla per istruirsi, (dis-)informarsi, imparare a ragionare secondo etichette di regime non sará piú una (triste) premonizione.
Ed allora moment veri, intimi, unici saranno una chimera, piccoli fari lontani nella nostra memoria: «Una volta, quand'era bambino, essendo venuta a mancare la luce, sua madre aveva trovata e accesa un'ultima candela e c'era stata una breve ora di riscoperta, un'ora di tale interiore illuminazione, che lo spazio perdeva le sue vaste dimensioni per trarsi confortevolmente loro intorno, soltanto intorno a loro, madre e figlio, che, trasformati, s'erano messi a sperare che la luce elettrica tardasse un bel po' a tornare».
Ma in questo senso il libro lascia una speranza perché anche nella società più tecnologicamente avanzata ed opprimente possono esistere persone che silenziosamente resistono al sistema…gli uomini-libro sono una delle piú belle immagini regalatami dalla lettura di Fahrenheit 451. Ognuno di loro s’identifica con un libro, quello che ha appreso a memoria. In un luogo dove i libri sono stati fisicamente distrutti, uomini di valore li hanno posti negli scaffali della mente.
E cos’é questo leggere/vivere con «una specie di fame gentile» interessandosi ad ogni cosa con instancabile curiositá, rinnovata sorpresa, questo scrivere recensioni, sottolineare e condividere le frasi che piú ci hanno colpito se non un preservare «le cose che temevamo di poter dimenticare».

"Gran Dio, ma come è potuto accadere tutto ciò?" disse Montag. "Non piú tardi dell'altra sera, ogni cosa era perfetta, poi, ad un tratto, mi sono accorto che stavo affogando. Per quante volte un uomo può andare a fondo e rimanere vivo? Io non posso piú respirare. Beatty è morto ed era mio amico un tempo, Millie se n'è andata, la credevo mia moglie, ma ora non ne sono piú tanto certo. E la casa è bruciata da cima a fondo. Non ho piú lavoro, sono in fuga e lungo la strada ho anche nascosto dei libri in casa di un milite del fuoco. Gesú, le cose che ho fatto in una sola settimana!"
"Hai fatto quello che non hai potuto a meno di fare. Era da un pezzo che l'esito maturava."
"Sì, è una cosa che credo anch'io, se non altro. È un esito che si è accumulato gelosamente nell'ombra per aver luogo. Accumulavo come dei risparmi senza saperlo, andavo in giro qua e là facendo una cosa e volendone fare un'altra. Signore, c'era già tutto dentro di me. È straordinario che non me lo si vedesse addosso, come se fosse del grasso. Ed ora sono qua, a buttare all'aria anche la tua vita. Potrebbero avermi pedinato fin qua."
"Mi sento vivo per la prima volta da non so piú quanti anni" disse Faber. "Sento di stare facendo quello che avrei dovuto fare cinquant'anni fa