Uno sguardo sulle mie letture

Uno sguardo sulle mie letture

martedì

La ragazza che giocava con il fuoco, di Stieg Larsson

Il giornale Millenium è in procinto di dare alle stampe un'esplosiva inchiesta: la denuncia riguarda un intero sistema di violenze e soprusi, e non risparmia poliziotti, giudici e politici, perfino esponenti dei servizi segreti. Ma poco prima di andare in stampa, un triplice omicidio fa sospendere la pubblicazione, mentre si scatena una vera e propria caccia a… Lisbeth Salander. Si parla di donne, donne maltrattate, violentate, oltraggiate, seviziate, uccise, non poteva che essere lei la protagonista di questo secondo volume, Lisbeth, il filo d’Arianna attorno al quale si svolgono trame contemporanee, seppure sganciate l’una dall’altra. L’asociale Lisbeth,  che è stata internata nel reparto di psichiatria e che è fuggita da tutte le famiglie affidatarie, l’hacker brillante a cui nessun computer è precluso e che si diletta con il teorema di Fermat. In questo volume si innamora, picchia a mani nude dei teppisti, fa scappare il gigante cattivo, si fa una plastica al seno, una vacanza ai Carabi ed un appartamento al centro di Stoccolma. Affronta nemici e difficoltà con le armi della ragionevolezza matematica, “azione uguale reazione”, in una narrazione che si snoda con una sorta di meticolosa calma.

Lo scontro decisivo è un grande campo aperto dove in gioco c’è sempre la sopravvivenza, con un finale degno del grand guignol teatrale (o del set di Quentin Tarantino) con un ritmo serrato che ci fa salire il cuore in gola. La fine ci lancia alla lettura spasmodica del terzo volume, nell’analisi del contorto animo umano dei protagonisti, della negligente accettazione dell’oscurità interiore, del male reso potente da compromessi silenziosi e che si abbatte sulla vita devastata di Lisbeth, insegnandole a non aver piu’ paura.

"La notte in cui aveva compiuto tredici anni aveva deciso che non avrebbe mai più scambiato una sola parola con Peter Teleborian né con nessun altro psichiatra o neurologo. Era il suo regalo di compleanno a se stessa. E aveva mantenuto la promessa. Sapeva che questo avrebbefrustrato profondamente Teleborian contribuendo forse più di ogni altra cosa a farla imbrigliare notte dopo notte al suo giaciglio. Ma era un prezzo che era disposta a pagare."

Stieg Larsson - La ragazza che giocava con il fuoco
 Titolo originale: Flickan som lekte med elden
Traduzione di Carmen Giorgetti Cima
 754 pag., 19,50 € - Edizioni Marsilio 2008 (Farfalle)
ISBN 978-88-317-9498-5

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lunedì

Me parlare bello un giorno, di David Sedaris

La letteratura è un'arte magica, può trasformare con le sue affascinanti alchimie anche le realtà più grigie per ripresentarcele sotto aspetti inattesi, nuovi e originali, ironiche senza essere ciniche, misurate e caustiche al tempo stesso. Le storie di Sedaris sono da molti considerate il meglio di quanto questo tipo di letteratura oggi sia in grado di offrire, ed io sono diventato parte di quei molti.

David Sedaris e’ un umorista newyorchese di origini greche che dalle frequenze di Public Radio International spargeva aneddoti al vetriolo ed impietosi racconti autobiografici nel celebre programma This American Life. La sua vita non è certo la classica epopea americana del self made man, quanto piuttosto la biografia stralunata, blasfema e bonaria di un dropout che ha fatto della propria goffaggine, della propria fastidiosa mancanza di fascino, la sua croce e delizia. Il suo punto di vista è disincantato, curioso, ironico e tenero, brutalmente onesto e irresistibilmente sconveniente.

Nel libro “Me parlare bello un giorno” racconta la sua eroica resistenza ai tentativi di una logopedista nel correggere un difetto di pronuncia, le spassose imprese con Victor Mancini, nano insegnante letteralmente ossessionato dai seni femminili, la sua vita in Francia (il titolo del libro fa riferimento alle difficoltà di costruzione delle frasi in francese), in un campionario di inettitudini assortite e quotidiani paradossi.
Io ho vissuto in Francia tre anni e leggendo questo libro ho ricordato i penosi incoraggiamenti dei Francesi al mio primo minuscolo campionario di parole:

«Quando l’estate successiva andai in Francia, conoscevo soltanto l’equivalente francese della parola cavatappi. Dissi “cavatappi” all’aereoporto, “Cavatappi” sul treno per la Normandia, e “Cavatappi” quando mi trovai di fronte a quel cumulo di sassi che era la casa di campagna di Hugh. Non c’era acqua corrente, non c’era elettricità e nemmeno un posto dove comprare i tubi e i fili necessari qualora a uno fosse venuta voglia di vivere con un impianto idraulico o con la corrente elettrica. E non essendoci nulla di decente da comprare, va da sè che la gente mi accolse con grande entusiasmo. Sarebbe stato lo stesso se un francese fosse venuto in visita che so, Knightdale in Carolina. “Santo cielo” avrebbero detto tutti. “Tanta strada per venire a vedere noi?”. Avessi avuto un vocabolario più ampio, avrei potuto rispondere: “Emh, no, non esattamente”. Ma in quella circostanza offrii l’unica risposta possibile: “Cavatappi”.
“Oh cavatappi” mi dicevano, “Lei parla molto bene.” »

Ho riso spassosamente ricordando con quale sicurezza noi italiani prendevamo in giro ogni straniero che ci circondasse, di faccia a faccia, parlando in italiano, rischiosamente presupponendo che nessuno potesse comprenderci.

Sedaris dice di se:

“Sono così felice di avere a disposizione tante stronzate ed esperienze umilianti che ho vissuto in passato! Ci penso su e mi dico: wow, è una storia bellissima! Perché se ti metti a scrivere delle stronzate e delle umiliazioni per come le hanno vissute altri, ti giuro che non funziona. Cioè, puoi farlo, ma ti riesce molto meglio se racconti che autentica merda sei tu. E' molto più facile in questo modo! E io sono il personaggio più stronzo in ciascuno dei racconti di questo libro - ma è tutto vero, non c'è nulla di finto. Te lo giuro: io sono la merda più merda che ci sia. Cioè, posso anche fare finta, ma la verità è che mi faccio parecchio schifo”.



David Sedaris
Me parlare bello un giorno
Mondadori, pp.269, euro 15,00 (traduzione di Matteo Colombo)

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venerdì

Uomini che odiano le donne, di Stieg Larsson


Ho acquistato Uomini che odiano le donne, primo capitolo della trilogia Millennium, in seguito alla pletora di amici e persone che stimo che insistevano nel consigliarmelo. Non faccio parte di quelli che a priori non leggono i casi editoriali, in quanto non sopportano di seguire le masse e le loro letture; tra i bestseller ci sono libri di qualità letteraria indiscussa, se poi le case editrici riempiono di fascette idiote le copertine dei libri è un problema che non deve minimamente influenzare il lettore serio. A frenarmi fino ad ora è stato il mio non-amore per i gialli, ed iniziare una trilogia di oltre 2000 pagine significa non leggere altro per tutte le vacanze. Ma è estate, ed a un thriller, si sa, non è affidato l’alto compito di “fare letteratura" e tanto meno ci si aspetta che le sue pagine siano cesellate da ornamenti prosaici aulici. Un poliziesco è un libro per tutti, un compagno scanzonato che ci accompagna durante i tempi morti, stuzzica la curiosità e aguzza l’ingegno senza mai diventare aristocratico; bisogna sfogliarne le pagine con leggerezza, e cosi ho fatto .

Due parole sull’autore: Stieg Larsson e’ morto cinquantenne nel novembre del 2004 ancor prima di vedere pubblicato il suo libro d’esordio. Da sempre attivo per la libertà di parola, per la lotta contro il razzismo ed i movimenti di estrema destra, contro la violenza sulle donne, il giornalista ha ricevuto minacce da gruppi di naziskin e organizzazioni similari. Dopo un lungo tragitto fatto di indagini ed inchieste approfondite su questi argomenti, ha iniziato un progetto che originariamente intendeva, con dieci romanzi, mettere a nudo vizi e difetti della società svedese. La prematura scomparsa dell’autore ha bloccato quest’arduo compito al terzo episodio della saga.
In breve la trama: sono passati molti anni da quando Harriet, nipote prediletta del potente industriale Henrik Vanger, è scomparsa senza lasciare traccia. Da allora, ogni anno l'invio di un dono anonimo riapre la ferita dell'anziano Henry, un rito che si ripete puntuale e risveglia l'inquietudine di un enigma mai risolto. Henrik Vanger decide quindi di tentare per l'ultima volta di fare luce sul mistero che ha segnato tutta la sua vita. L'incarico di far emergere la verità dal lontano passato è affidato a Mikael Blomkvist che si avvale dell'aiuto di Lisbeth Salander. Ne nasce un mistery della "camera chiusa", questo è il termine che si usa per indicare i delitti che avvengono in uno spazio ben definito, e in cui il numero dei sospetti è, proprio in ragione dello spazio circoscritto, limitato ad una ristretta cerchia di individui.
La violenza sulle donne è il filo conduttore di tutto il romanzo, non solo per la presenza di donne maltrattate e abusate, ma anche per la scelta dell'autore di iniziare ogni capitolo con dati statistici relativi a questa problematica, continui riferimenti alla società svedese che sembra nascondere sotto il mantello del welfare un insieme di problemi e comportamenti devianti di non facile risoluzione: una donna su tre è vittima di molestie, il 18 per cento delle donne al di sopra dei quindici anni minacciato almeno una volta da un uomo. Larsson denuncia una realtà sempre sottostimata ma presente in modo più o meno appariscente in tanti rapporti. Il libro non approfondisce il perché di questo fenomeno, si limita a scandire con queste notizie l'avanzare della narrazione, quasi a ricordare al lettore che la storia è di fantasia, ma la violenza in giro è reale. Il contrasto tra questa realtà e la Svezia può sembrare stridente ma al contrario nella narrazione risulta molto intrigante. Il mio ricordo di Stoccolma è caratterizzato dalla luce che avvolgeva questa città, una luce fredda ed eterea, che sembrava non venire dal sole, ma dall’aria stessa. Allontanandomi dalla città inoltre ti colpisce un acuto senso di tranquillità, di solitudine, di pace. Per chi è abituato alla brulicante umanità delle grandi città, può apparire quasi alienante percorrere chilometri prima di incontrare anima viva. Rivivere queste atmosfere nel libro è stato emozionante, ed il contrasto fra l’ambientazione e gli efferati crimini che vi sono stati commessi è solo uno degli aspetti che rendono così avvincente questo thriller. Un altro fattore d’eccellenza del libro è la caratterizzazione psicologica dei personaggi, di gran fascino, originali e ben definiti, con una storia alle spalle che ne giustifica i comportamenti. Eroi ed eroine imperfetti come Mikael Blomkvist, fascino irresistibile, onnivoro appetito erotico, brillante giornalista economico di grande credibilità, direttore del mensile Millennium (una sorta di Report in versione giornalistica). L’altra protagonista è Lisbeth Salander, ventiquattrenne pallida di una magrezza anoressica, acuta ancorché problematica, dotata di qualità capaci di portare chi la conosce sull'orlo della disperazione; una squatter-hacker geniale ma dalla personalità asociale e disturbata, spigolosa ed introversa, con un passato e un presente dove la violenza gioca un ruolo determinante. Si guadagna il pane ficcando il naso negli affari degli altri, un’eroina che si fa spazio nel cuore dei lettori con la stessa facilità con cui riesce a penetrare nelle vite degli altri attraverso il suo computer. Con due personaggi cosi chi non vorrebbe essere nei panni del seduttore inconsapevole, che combatte dalla parte del bene? Chi, leggendo la prima parte che presenta col contagocce la strana Lisbeth, non desidera saperne ancora, finendo per godere della sua vendetta nei confronti di uno di loro, uno degli uomini che odiano le donne?
Ci sono anche degli aspetti che mi hanno convinto poco durante la lettura. La redazione giornalistica del Millennium ad esempio, praticamente questa rivista la fanno in tre e non si capisce chi scriva cosa. Eppure il valore aggiunto della narrazione dovrebbe essere proprio l’esperienza personale dell’autore. Ci sono inoltre molte, troppe pedine nei giochi di indagine che intrecciano le varie vicende, l’infodumping risulta a volte eccessivo in alcuni passaggi, e l’azione e’ carente per buona parte del romanzo. Carlo Fruttero per darne un giudizio cita il compositore francese Ravel che polemizzando con certi artisti del suo tempo, definiva la loro produzione “musique de robinet”, musica di rubinetto, quella che poteva andare avanti all’infinito, sempre eguale. Io, signor nessuno, non sono d’accordo, e’ vero che e’ un thriller a lievitazione lenta, e durante le prime cento pagine ci si sente navigare al buio, ma la scrittura ha una straordinaria alchimia che poco alla volta appassiona, avvolge, intriga. La trama avvince ed avanza con la sicurezza di una corazzata, coinvolge, emoziona, sorprende. Stupisce la capacità affabulatoria dell'Autore, la prosa di Larsson, nella sua disarmante semplicità, è il canto delle sirene per Ulisse, è che come una matassa invischiante il lettore, che si trova intrappolato in quella luce, in quell’aria rarefatta in cui sono immersi i personaggi del libro. Mai, come nel caso di questo scrittore prematuramente scomparso, è valso tanto il detto: non importa tanto quello che dici, ma come lo racconti.
C'è una grande assente nella narrazione: la famiglia cosiddetta naturale, quella per intenderci composta dai due sposi con i loro figli. Le persone coinvolte nella storia sono invece costantemente impegnate in tutti i triangoli e combinazioni possibili d’amori omo ed eterosessuali. Il tutto con molto rispetto, leggerezza e naturalezza ma, nonostante lo sforzo dell'autore, l'impressione è che anche nel terzo millennio senza la famiglia non si vada molto lontano, che nella società triste e fredda rimangono solo individui in fuga dalla solitudine, sballottati qua e là dai casi senza senso della vita, con l'amore usa e getta come antidepressivo.

Stieg Larsson
Uomini che odiano le donne (Män som hatar kvinnor)
Marsilio2007. ISBN 88-317-9332-2
Pagine 688
Prezzo 19,50 euro


Dice il Saggio: l'innocenza non esiste, esistono solo diversi gradi di responsabilità.

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martedì

undici minuti, di Paulo Coelho


Paulo Coelho torna in albergo al termine del festival della letteratura di Mantova e trova nella hall una busta. E' un manoscritto, un diario. «Ne ricevo moltissimi. Di solito non li leggo, ma questo mi incuriosì». Era di una giovane brasiliana che viveva a Zurigo e lavorava come prostituta in un night. Una storia vera pervasa da passioni, ideali e sesso, molto sesso, con un taglio straordinariamente sincero ed efficace. Fu un lampo di ispirazione e da li nasce undici minuti (il tempo medio necessario affinche’ un uomo raggiunga il piacere) in cui si narra la storia di Maria, una ragazza del sertão , il nord-est piu’ povero del brasile, un’adolescente come tante, con i sogni e le curiosità di una ventenne povera, che non conosce nulla del mondo e assai poco della vita. Da un viaggio a Rio de Janeiro, nasce l'incontro con un impresario di un night di Ginevra che la invita a prendere l'aereo con lui e lavorare come ballerina di samba in Svizzera. Maria decide di seguirlo, lasciando il certo per l’incerto, sicura che:

“Chi ha già perso qualcosa che riteneva di avere garantito (e a me è accaduto tante volte) finisce per capire che nulla gli appartiene. E se nulla mi appartiene, allora non devo assoluta¬mente sprecare il tempo preoccupandomi di cose che non sono mie. Meglio vivere come se oggi fosse il primo (o l'ultimo) giorno della vita”

La carriera come ballerina però dura poco, e con essa si spengono anche le speranze, i sogni, le prospettive di una vita agiata e felice coronata da un rientro trionfale in patria. Maria tenterà di lavorare come modella, ma ad un bivio della sua vita decide diversamente:

“«Accetta un drink? »…Il mondo cominciò a girare al rallentatore, e Maria ebbe la sensazione di uscire dal proprio corpo e di osservarsi dall'esterno. Morendo di vergogna, ma lottando per controllare il rossore delle guance, annuì, sorrise e capi che da quel momento la sua vita era cambiata per sempre”

Nel libro non c'è però alcuna denuncia, Maria potrebbe tornarsene a casa, nessuno abusa di lei o la sfrutta , vuole però intraprendere un viaggio alla ricerca della propria sessualità e dell’amore

“Il mio obiettivo è comprendere l’amore.”
“Se non penserò all’amore, non sarò niente.”

Dagli incontri con i suoi clienti sviluppa quindi la conoscenza degli uomini, frequentatori del suo locale, uomini d’affari, potenti, influenti, carismatici, esotici, ma tutti immancabilmente soli:

“L'essere umano può sopportare una settimana di sete, quattordici giorni di fame, alcuni anni senza un tetto, ma non riesce a tollerare la solitudine. È la peggiore delle torture e delle sofferenze”

Sarà un viaggio alla ricerca della propria “leggenda personale”, esplorato da una meretrice moderna , un viaggio senza tempo e senza spazio, al quale lo scrittore brasiliano ha abituato i suoi lettori. Maria è brasiliana per caso, Ginevra uno scenario come un altro, i personaggi (uomini) che le girano intorno sono universali. I sogni, gli ideali e i buoni sentimenti dell' opera di Coelho restano intatti anche quando Maria, nel suo diario, discetta di orgasmo vaginale o clitorideo, affronta la sfida del sadomasochismo e scopre il punto G. Anche la prostituzione di Maria e’ simbolo del nostro smarrimento nei labirinti della vita, dei lavori che detestiamo, ma che facciamo per tutta la vita non trovando il coraggio di liberarcene. Alla fine di ogni capitolo Coelho ci fa leggere le pagine del diario di Maria, frammenti dell’anima, schegge di paure inconsce , autoanalisi coscienziosa del percorso compiuto, in questo modo la narrazione diventa molto più intima e costellata di riflessioni e massime sull’amore. La storia subisce una decisiva svolta nel momento in cui Maria incontra due persone speciali

“Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano. Generalmente, essi avvengono quando arriviamo a un limite, quando abbiamo bisogno di morire e rinascere emotivamente”


Questi due uomini le cambieranno definitivamente la vita, ponendola di fronte alla scelta tra luce e tenebre, tra il delicato e romantico principe azzurro e l’attraente e violento antagonista.
Il primo e’ Ralf, pittore carismatico, artista che riesce a vedere la dove gli altri non vedono (vero alter ego dell’autore). Maria si sentira’ nuovamente viva quando lui la guardera’, dipingendone la luce interiore, e scoprira’ cosi il significato del sesso sacro, ovvero del sesso accompagnato dall’amore, dall’intimità, dalla verità.
Il secondo, Terence, la introdurrà al piacere del dolore, del masochismo e del sadismo, del sesso scisso dai sentimenti. La spingerà fino ai limiti estremi, e come la Bustine di De Sade, attraverso la conoscenza di tali limiti le farà scoprire se stessa

“il dolore è parte di un processo naturale. Lo sa bene chi pratica uno sport: quando si vogliono raggiungere gli obiettivi, bisogna essere pronti ad affrontare una dose quotidiana di dolore o di malessere. All'inizio è fastidioso e demotivante ma, giorno dopo giorno, si comprende che costituisce un elemento del cammino per sentirsi bene, e arriva un momento in cui, senza il dolore, si ha la sensazione che l'esercizio non produca l'effetto desiderato.”

Ma in Maria matura ormai la decisione di tornare a casa, non per dare inizio ad un’impresa agricola, ne per trovare il suo primo amore, ne per sposarsi con il titolare del negozio di tessuti, ma per l’amore di se stessa

” Non mi interessa se in passato fosse sacro o no, ma IO ODIO CIÒ CHE FACCIO. Sta distruggendo la mia anima, mi sta facendo perdere il contatto con me stessa, mi sta insegnando che il dolore è una ricompensa, che il denaro compra e giustifica tutto”.

e per amore delle sue origini:


“Quanto più lontani stanno, tanto più vicini al cuore sono i sentimenti che cerchiamo di soffocare e dimenticare. Se siamo in esilio, vogliamo serbare ogni piccolo ricordo delle nostre radici; se ci troviamo lontani dalla persona amata, chiunque per la strada ce la fa ricordare. I Vangeli, e tutti i testi sacri delle varie religioni, furono scritti in esilio, cercando di comprendere Dio, la fede che faceva avanzare i popoli, la sofferta peregrinazione delle anime erranti sulla faccia della terra. I nostri antenati non sapevano, e tanto meno lo sappiamo noi, ciò che la Divinità si aspetta dalle nostre vite. È in quel momento che i libri vengono scritti, i quadri dipinti, poiché noi non vogliamo e non possiamo dimenticare chi siamo"


Un po’ scontato il finale, ma Coelho si difende dicendo che cosi e’ più vicina alla storia narratagli, l’ispiratrice del libro infatti, Sonia, adesso e’ felice, ha due figlie e vive in Svizzera (da qui l’ambientazione a Ginevra del libro). Malgrado ciò, e malgrado la descrizione un po’ fragile del fenomeno della prostituzione (fatta nella maggior parte da coercizioni violente e non da consapevoli scelte umane) rimane forte il messaggio che attraversa tutto il racconto:

“Amiamoci l'un l'altro, ma non tentiamo di possederci l'un l'altro”

E’solo con la comunicazione tra i sessi e con la volontà di capirci e di venirci incontro che possiamo superare le barriere affettive che a volte bloccano e impediscono la felicità anche di persone apparentemente realizzate. Bisogna fuggire ad ogni standardizzazione del sesso, standard per cui il sesso si debba fare ogni giorno, per cui si debba venire e venire insieme, regole globalizzate che ci fanno perdere la nostra identità spingendoci a mentire per far piacere agli altri.

Il Bignamino:le vie dello spirito passano anche dal sesso

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